Hanno riscontrato un enorme successo gli studi del Dott. Masaru Emoto, luminare giapponese di fama internazionale che è riuscito a rendere visibile quello che da migliaia di anni molte culture e religioni riferiscono essere un principio basilare, ossia il “verbo” concepisce. Nel testo biblico della “Genesi” viene descritto che dio per creare utilizza la “voce”: “e dio disse: “sia Luce! E Luce fu”! Non è l’unico caso, anche il giovane discepolo di Gesù, Giovanni, esprime il medesimo concetto, il “verbo” crea, il “lògos”, “verbum” in latino. Per mezzo del lògos tutto è stato creato, nulla si esime da questo particolare sconcertante, sconcertante poiché nessuno aveva mai messo in pratica tale teoria, e soltanto una mente lungimirante come il Prof. Emoto ha reso empirico ciò che veniva considerato soltanto un principio astratto! Egli è riuscito attraverso lo studio dei cristalli d’acqua a canalizzare l’energia e a rendere visibile l’invisibile. Ha notato che l’acqua viene inibita dalla frequenza della parola, se essa è positiva genera dei cristalli meravigliosi ed affascinanti, al contrario se negativa il cristallo si disintegra o discioglie. Questo studio avvalora le teorie e la gnosi delle conoscenze passate, se pensiamo che seimila anni fa lo stesso concetto veniva espresso dalla Bibbia e nei Veda ciò ci lascia perplessi, poiché rimane incomprensibile il perché queste nozioni non erano state verificate in precedenza, e soprattutto perchè non vennero mai prese in considerazione dalla Scienza. Il Prof. Emoto ha trovato molta difficoltà durante i suoi studi, legate allo scetticismo generale, ma va ricordato che una nuova teoria si impone alla Scienza soltanto quando la generazione precendente di ricercatori scompare, questa è una pessima prerogativa di tale dottrina. Un personale plauso va al Prof. Emoto che ha recapitato a tutti noi un importante messaggio, poiché se una parola negativa, tipo "odio" o "muori", è in grado di liquefare i cristalli d’acqua, su di noi che siamo costituiti dal 70% d’acqua cosa può fare?
Di Paolo Rinaldini.