venerdì 23 luglio 2010

Ùtca


Saliamo sul Budavàri siklò, una vecchia, ma incantevole, funicolare che ci porta in alto sulla collina dove si trova Buda con il suo affascinante castello e la meravigliosa chiesa di S.Mattia. Dal lucente Bastione dei Pescatori, in lucente pietra bianca, ammiriamo la splendida cornice di Pest dall’altra parte del Danubio. Il vento, freddo e pungente, al pari di una lama, ci graffia il viso, per ripararci entriamo dentro un caffè. Qualche birra, due chiacchiere, un bicchierino di Unicum, usciamo e fuori nevica, una pace irreale ci avvolge, coccola, il sole è da poco tramontato. Attraversiamo le piccole arterie della città vecchia, piene di botteghe stracolme di pacchetti e pacchettini di paprika, bottiglie di Tokaj, bamboline, alcune vecchiette ti vengono incontro cercando di persuaderti ad acquistare qualche centrotavola ricamato a mano. Dall’altra parte del castello scorgiamo la Cittadella, sulla collina di San Gerardo, la statua del povero Vescovo martire, il monumento alla Libertà, e il Ponte Elisabetta, fanno da sfondo alle tenebre. La neve si fa più fitta, e le discussioni più accese, scendiamo a piedi verso il Ponte delle Catene. I leoni muti fanno da guardia al ponte, i nostri dialoghi si perdono tra le correnti del “Grande Fiume Blu”, o come lo chiamano gli ungheresi Duna. Attraversiamo piazza Roosevelt, i fiori delle aiuole ormai sono coperti da un lenzuolo candido e terso, prendiamo per la Jozsef Attila. Una cupola imponente attrae la nostra l’attenzione, è la Basilica di Santo Stefano. Le nostre risa riecheggiano per le viuzze di Pest mentre ci incamminiamo verso il Parlamento. La stupenda ed enorme “Cattedrale del Parlamento” si staglia davanti al fiume, imponente, le sue guglie sembrano infilzare, simili a stuzzicadenti, le bianche nuvole, cotonate, sopra la metropoli. I fiocchi si fanno sempre più grandi e pesanti e le nostre chiacchiere più leggere. Battuta su battuta percorriamo il “Lungodanubio”, arrivati vicino allo sfavillante edificio del Vìgadò il vento ci spinge verso le vie interne. Ogni scusa è buona per fermarci, ed trattenerci dentro i piccoli locali intorno alla Sinagoga a bere qualcosa. Il labirinto di strade e stradine ci consegna sullo sfarzoso viale Andràssy, carichi di neve sulle spalle e liberi da ogni pensiero. I palazzi imponenti sono ricchi di balconi, finestre e i mastodontici alberi fanno da cornice alle nostre battute. Le nerborute e gagliarde statue, con le loro serie e rigide teste di cemento, paiono girasi al nostro passaggio, come se volessero intervenire per dire la loro, alcune sembrano irritate, altre sorriderci. Senza neanche accorgercene, Ambasciata dopo Ambasciata, arriviamo al Boschetto della Città, davanti a noi la maestosa Piazza degli Eroi ed il bellissimo colonnato del Museo delle Belle Arti. Dietro, il laghetto ghiacciato coi cigni ci dà l’illusione di sentire per un momento, in sottofondo, la musica di Tchaikovsky. Non so in che modo si traducono in ungherese le parole felicità, amicizia, divertimento, bellezza, ma per me si traducono tutte con la stessa parola ùtca.
Di: Paolo Rinaldini ( ad un Amico)

Foto: Paolo Rinaldini